di Gian Luca Bertaccini 

IL CAPITANO NON SI SCEGLIE A CASO
…e nemmeno per meriti sportivi

coach dentro e fuori dal campo Bertaccini

In ogni squadra c'è una fascia. E poi c'è chi la indossa.
Ma non sempre chi la indossa è davvero un Capitano.

Le domande quindi sono inevitabili, cominciando da: 

Come si sceglie chi porterà quella fascia?
Quali caratteristiche contano davvero?
Deve essere il più esperto? Il più tecnico? Quello che parla di più?

Spoiler, no.
O meglio, non sempre.

Essere Capitano va ben oltre il rappresentare il gruppo davanti all'arbitro o lanciare il grido prima della partita.
Significa diventare un punto di riferimento autentico, un ponte affidabile tra squadra e staff tecnico, un esempio silenzioso anche quando nessuno sta guardando.

Le qualità che fanno la differenza

Un Capitano degno di questo ruolo dovrebbe:

  • Comunicare in modo efficace, con i compagni, ma anche con lo staff tecnico e l'ambiente esterno.
  • Mantenere l'equilibrio emotivo, specialmente nei momenti di maggiore pressione e difficoltà.
  • Saper ascoltare con attenzione e apertura, senza pregiudizi e senza la necessità di essere sempre al centro dell'attenzione.
  • Anteporre costantemente il "noi" all'"io", incarnando lo spirito di squadra in ogni situazione.
  • Allenarsi con serietà e costanza esemplari, anche quando nessuno controlla o quando sarebbe facile abbassare l'intensità.

In alcuni contesti serve una guida silenziosa ma presente, in altri una leadership più energica e visibile.
La scelta dipende dall’età del gruppo, dal momento particolare della stagione, dalla cultura specifica della squadra.
La persona perfetta per guidare un gruppo potrebbe essere completamente inadatta in un altro contesto.

Per questo motivo la scelta va ponderata attentamente.
E soprattutto va sentita, non imposta.

Quando e come scegliere

Non sempre è utile o efficace assegnare la fascia il primo giorno di allenamento.
A volte è necessario prendersi del tempo per osservare, ascoltare, percepire le dinamiche interne che naturalmente emergono.
In altri casi, è la squadra stessa a indicare chiaramente chi considera un punto di riferimento.

Può essere l’allenatore a fare questa scelta cruciale.
Oppure può essere una decisione collettiva del gruppo.
Spesso, la soluzione ideale nasce dall’ascolto di tutti ma si concretizza con l’assunzione di responsabilità finale da parte del Coach.

L’unica cosa da evitare assolutamente?
Affidarsi al criterio automatico dell’anzianità, della bravura tecnica o del numero di gol segnati.
Essere il miglior giocatore tecnicamente non significa necessariamente essere un buon Capitano.

I compiti, anche quelli invisibili

Il Capitano non si limita a stringere mani e fare il sorteggio iniziale.
I compiti reali sono spesso invisibili agli occhi esterni, ma fondamentali per il funzionamento del gruppo:

  • Mediare i malumori interni, gestire tensioni e conflitti senza amplificarli.
  • Dare l’esempio concreto nei comportamenti quotidiani, anche nei dettagli apparentemente insignificanti.
  • Supportare lo staff tecnico nel far accettare messaggi difficili o decisioni impopolari.
  • Favorire l’integrazione armoniosa dei nuovi arrivati.
  • Proteggere e sostenere i compagni più fragili o in difficoltà.
  • Ricordare ogni giorno, con gesti e parole, che quella maglia ha un valore che va oltre la singola partita.

Un vero Capitano non si impone con la forza o l’autorità.
Un vero Capitano serve il gruppo con umiltà e dedizione.

👉 Nel prossimo articolo esploreremo il rapporto tra chi guida in campo e chi guida dalla panchina, collaborazione, fiducia reciproca e quei confronti costruttivi che aiutano entrambi a crescere.

Spunti di riflessione:

Hai davvero un Capitano autentico…
…o hai solo assegnato una fascia per abitudine?

E se oggi dovessi scegliere da zero,

chi sarebbe la persona giusta per guidare proprio questo gruppo, in questo momento?

Ringraziamo ancora una volta il tecnico Gian Luca Bertaccini 


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