Bellissima chiacchierata con il tecnico Gian Luca Bertaccini ospite delle nostre pagine con cui abbiamo parlato di calcio nei suoi vari aspetti. Una visione interessante che abbiamo voluto fare nostra per i nostri lettori e per gli addetti ai lavori. 
Tanta esperienza tra i dilettanti, nel settore giovanile e nel calcio femminile dove ha allenato nelle ultime stagioni ed una professione grazie al quale non ha mai smesso di formarsi e di formare delineando la voglia di arrivare all'obiettivo. 

LoSportWeb intervista Gian Luca Bertaccini
Gian Luca Bertaccini 

Lei è nel calcio da tanti anni: come vede cambiare il ruolo dell'allenatore?
"Il ruolo dell'allenatore è cambiato radicalmente negli ultimi anni. Non si tratta più soltanto di essere esperti di tattica o tecnica, ma di diventare veri e propri leader, capaci di gestire un gruppo sotto molteplici aspetti. Oggi un allenatore deve essere anche un comunicatore efficace, saper motivare e creare un clima di fiducia all’interno dello spogliatoio. Un aspetto che considero fondamentale è l’empatia: l’allenatore moderno non può limitarsi a impartire ordini, deve comprendere i bisogni dei giocatori e delle giocatrici, sia dentro che fuori dal campo, per aiutarli a crescere come atleti e come persone. Infine, con il continuo aumento dell’attenzione mediatica, anche a livello dilettantistico e giovanile, è necessario saper gestire la pressione che grava non solo sull’allenatore stesso, ma anche sugli atleti. Inoltre, per quanto riguarda l’aspetto tecnico-tattico, con l’avvento della tecnologia abbiamo accesso a una quantità enorme di dati analitici e video, che ci permettono di studiare ogni minimo dettaglio, e va considerato che tutto ciò richiede nuove competenze interpretative e decisionali oltre ovviamente ad investimenti economici delle società per i professionisti e per gli strumenti necessari.

Bertaccini: “Il nostro calcio è un luogo di formazione sportiva e umana”

Che idea si è fatto del calcio dilettantistico da nord a sud?
"Il calcio dilettantistico italiano è un universo affascinante, ricco di passione e autenticità ma anche di aspetti negativi.
Al nord, si percepiscono generalmente maggiori opportunità, grazie a una disponibilità più ampia di risorse economiche e strutturali, al sud si trova un legame, una passione viscerale con il calcio, che spesso compensa le difficoltà logistiche e infrastrutturali. L’aspetto che amo è che, ovunque, il calcio dilettantistico rappresenta, o dovrebbe rappresentare, un luogo di formazione non solo sportiva, ma anche umana.
Ci sono però aspetti da migliorare. La disparità tra le diverse aree del Paese è evidente, ed è necessario investire maggiormente in infrastrutture e formazione, sia per i giocatori che, e forse qui schiaccio un tasto dolente, per gli allenatori, troppe volte le società cercano allenatori, nelle serie minori e nelle giovanili, senza prevedere un compenso, questo porta a prediligere il volontario di turno che sicuramente avrà tanto entusiasmo ma la poca, per non dire nulla, preparazione lo porterà a copiare delle esercitazioni trovate su internet senza avere la minima idea di ciò che comporta. In tutto ciò, sarebbe fondamentale che il calcio dilettantistico mantenga la sua anima creando un sistema che valorizzi i giovani talenti e li accompagni in un percorso di crescita sostenibile".

I giovani talenti e crescita sostenibile meriterebbero un'intervista a parte. Tematiche interessanti che spaziano dal calcio dilettantistico al calcio femminile dove Bertaccini è competente. 

Non le sono mancate le esperienze nel calcio femminile. In cosa si deve migliorare?
"Le rispondo patendo con una provocazione: il calcio femminile non esiste, esiste il calcio giocato dalle ragazze, stesse regole stesso sport, quando si parla di calcio generalmente si intende solo quello maschile invece il calcio è calcio. Fino a quando la divisione femminile verrà considerato come un altro sport avremo sempre difficoltà. Comunque tornando alla sua domanda, il calcio giocato dalle ragazze sta compiendo passi da gigante, ma ci sono ancora diverse sfide da affrontare. La prima è quella culturale: nonostante i progressi, esistono ancora pregiudizi radicati che limitano la piena affermazione delle donne in questo sport. È necessario continuare a lavorare per abbattere questi stereotipi, promuovendo una maggiore visibilità attraverso media, sponsor e iniziative che valorizzino il calcio giocato dalle ragazze. Un altro aspetto cruciale è l’accesso alle risorse. Le giocatrici devono poter contare su infrastrutture di qualità, staff preparati e percorsi di formazione tecnica e tattica al pari dei colleghi maschi, In poche parole mettere mano al portafogli ma le società vivono momenti difficili economicamente e preferiscono fare finta di nulla. Inoltre, credo sarebbe importante investire nella costruzione di un campionato sempre più competitivo, parlo della serie A, che possa attrarre pubblico e talenti anche dall’estero. Infine, serve un lavoro capillare sul territorio per far crescere il movimento a livello giovanile, incentivando sempre più ragazze ad avvicinarsi al calcio garantendo loro un ambiente accogliente e stimolante.

“Il calcio giovanile è la basa. Dobbiamo valorizzare i talenti”

Cosa ne pensa del calcio giovanile e del suo sviluppo. In cosa bisogna apportare degli accorgimenti?
Il calcio giovanile è la base su cui si costruisce, o si dovrebbe costruire, il futuro di questo sport. Purtroppo, spesso si tende a confondere l’obiettivo principale di questa fase: il calcio giovanile dovrebbe essere prima di tutto una scuola di vita, un luogo dove i ragazzi e le ragazze imparano in primis a giocare e a praticare questo meraviglioso sport, ma anche a collaborare, rispettare gli avversari e arbitri, affrontare le difficoltà e imparare e crescere dai propri errori.  Invece, in alcuni contesti ma ahimè sempre più diffusi, si nota una pressione eccessiva sui giovani per ottenere risultati immediati, per esaltare l’ego di allenatori e presidenti a scapito della crescita personale e sportiva degli atleti e atlete. È necessario riequilibrare le priorità, concentrandosi maggiormente sullo sviluppo tecnico e tattico a lungo termine, consentendo ai giovani di sbagliare e appunto di imparare dai propri errori senza colpevolizzarli, senza tralasciare l’aspetto psicologico. Un altro punto da migliorare è la formazione degli allenatori: lavorare con i giovani richiede competenze specifiche, sia a livello didattico che relazionale. Infine, occorre rafforzare il legame tra il calcio giovanile e le realtà dilettantistiche e professionistiche, per creare un percorso più chiaro e strutturato che permetta ai giovani di esprimere appieno il loro potenziale"

Lei è anche Direttore Commerciale. Quanto è simile questo ruolo a quello dell'allenatore? Si parla di squadra, obiettivi, risultati e...
"I due ruoli, per quanto in contesti diversi, presentano molte affinità. Sia un manager in azienda che un allenatore in campo hanno il compito di gestire un gruppo di persone, costruendo un team coeso e orientato verso obiettivi condivisi. In entrambi i casi, si parla di strategie, di risultati da raggiungere e di come affrontare le difficoltà. Sia in campo che in azienda, è fondamentale capire le potenzialità di ogni singolo individuo e trovare il modo di farle emergere nel contesto collettivo.
Quello che mi ha sempre affascinato è come i principi di leadership, motivazione e gestione delle relazioni siano trasversali: che si tratti di un'azienda o di una squadra di calcio, ciò che conta è saper comunicare, creare fiducia e ispirare le persone a dare il meglio di sé. Proprio per questo ho in progetto di scrivere un libro che, partendo dalla mia esperienza personale, esplora il legame tra sport e business, mettendo in evidenza quanto le dinamiche di una squadra di calcio possano insegnare al mondo aziendale, e viceversa con l’obiettivo di offrire spunti e riflessioni utili a chiunque debba guidare un gruppo, sia sul campo che nella vita professionale". 
 


 


💬 Commenti