Questo libro è un racconto su alcune famiglie siciliane che vivevano nella stupenda catena montuosa dei Nebrodi.
Sono soprattutto storie vere, leggende, aneddoti e "sentito dire" che ho raccolto lin dall'infanzia al fine di far conoscere una realtà ben diversa da certi stereotipi di massa che fino a oggi sono stati scritti sull'argomento. Si tratta del primo libro dello scrittore Sebastiano Privitera, che, racconta la storia di famiglie di pastori, commercianti contadini, ricchi signori e mafios, nati e cresciuti in un territorio ostile e allo stesso tempo generoso in cui certi valori andavano man mano ad estinguersi. Lontani dalle grandi città, abbandonati dallo Stato essi vivevano di regole e leggi basate principalmente sulla "Parola'" degli uomini d'onore.
A differenza delle lontane città, la loro era una malia meno violenta ma più accomodante, in cui certi torti, sgarbi, sbagli o rifiuti non dovevano per forza essere sentenziati con la morte, a volte bastava un richiamo, un esilio o un piccolo pestaggio e il problema era risolto. Certo, la lupara non mancava, ma sempre come ultima soluzione. La storia è ambientata negli anni Cinquanta e ha due protagonisti: il primo è un nonno mafioso il quale, scontata la pena, trova il suo regno occupato da individui senza onore. Il secondo è il nipote Vito, un tredicenne sveglio, il quale non vede l'ora di conoscere il nonno a fine pena. Da una parte troveremo un nonno freddo e distaccato che vuole godersi gli ultimi anni di vita in pace, con un solo e unico obiettivo: riaprire il suo vecchio ristorante. Dall'altra invece, c'è questa figura del nipote sottomesso a un bullo di scuola, gli altri componenti della famglia sono una figlia vedova che non gli rivolge la parola ed una nipote incinta da padre ignoto, un figlio cornuto e senza onore, un altro che non ritiene all'altezza della corona e come se non bastasse, una serie di personaggi che aspettavano solo che lui uscisse di prigione per chiedere giustizia.
Saranno queste e altre circostanze che alla fine lo trascineranno alla vendetta.
L'autore l'ho ha scritto in prima persona, ed ha cercato di trasmettere la "Sicilianità" provando a descriverla con meticolosa attenzione, in alcuni contesti, situazioni e modi di essere che in questa terra nascono e muoiono alla vigilia di un istante. È anche una raccolta di tradizioni: a "Fuitina", "I'onore", u "Rispetto" u "Vossia", a "Festa dè morti". “11 siciliano è come un albero dalle radici ben piantate a terra e trattandosi di radici mafiose-afferma Sebastiano Privitera- ho dovuto scavare molto in profondità per cercare di capirne il motivo e il contesto della nascita, cresciute e poi sviluppate.
Pagina dopo pagina i lettori saranno coinvolti nei ricordi delle tradizioni siciliane della gente comune, ma allo stesso tempo vi farò conoscere la personalità del "mafioso",  la cattiveria attraverso ľ'esaltazione dei gesti, la paura e la debolezza, la furbizia e l'ignoranza, la religiosità, ma soprattutto il dialogo fatto di poche parole, ma ricche di significato. I protagonisti saranno messi a nudo e poi infine vi chiederò di di non non metterli al bando. Il motivo? Ho sempre creduto che prima di giudicare e poi condannare bisogna sempre ricordare che in ognuno di noi c'è una piccola cellula maligna che se ne sta fingendosi morta in letargo, ma in in realtà, e in alcuni soggetti portatori sani, e solo in attesa di una sola cosa: risorgere. E quando accade, non viè alcun dubbio: "Sta nascendo nascendo un lupo!"

Paolo Boccaccio


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